Resistenze elettriche per riscaldamento di acqua quando l'elettricità è l'unica fonte possibile
Negli impianti idraulici, molte volte, non è possibile utilizzare bruciatori o fiamme per consentire il riscaldamento dell’acqua veicolata. Tale divieto deriva da ragioni legislative ma, soprattutto, da norme che mirano a regolare la salute e la sicurezza di tutte le persone che abitano o possono trovarsi nelle vicinanze di questi impianti.
Sulla base di questa premessa, appare evidente la necessità di riscaldare l’acqua per l’utilizzo civile o domestico con metodologie diverse: in particolare, la più diffusa si basa sull’utilizzo di dispositivi quali le resistenze elettriche.
Cosa sono e come funzionano le resistenze elettriche per il riscaldamento dell’acqua?
Le resistenze elettriche, o anche chiamate resistori, sono dei componenti fondamentali nel mondo dell’elettrotecnica e prendono il nome da un’importante grandezza di questa branca della fisica. Infatti, si definisce resistenza elettrica “una grandezza fisica scalare che misura la tendenza di un corpo ad opporsi al passaggio di corrente”. All’interno di questa definizione sono riportati alcuni concetti importanti: - Scalare: ovvero, non vettoriale e non caratterizzata da un verso o una direzione; - Opposta: il passaggio di una corrente all’interno di un resistore determinerà una caduta di tensione;
Infatti, le regole principali che governano le resistenze elettriche sono le due leggi di Ohm e l’effetto Joule. In particolare, le prime due determinano le relazioni che intercorrono tra tensione, resistenza e corrente, oltre a definire una metodologia di calcolo della resistenza stessa, mentre l’ultimo effetto è fondamentale per scaldare l’acqua all’interno di un circuito dotato di tali componenti.
L’effetto joule alla base delle resistenze elettriche
Seppur l’argomento sia di notevole complessità, alla base presenta il celebre Primo Principio della Termodinamica che, rapportato al caso specifico, indica che l’energia elettrica presente all’interno di un circuito non si disperde al passaggio in un resistore ma viene trasformata in un’altra forma di energia, ovvero il calore.
L’effetto, il cui nome deriva dal cognome del fisico che per primo lo teorizzò, è facilmente esplicabile dicendo che il calore, ovvero l’energia termica generata, è pari al prodotto tra il quadrato della corrente e il valore della resistenza. Ciò ha delle implicazioni:
1. se la corrente che attraversa un circuito raddoppia, o si dimezza, a parità di resistenza, l’energia generata sarà rispettivamente pari al quadruplo o ad un quarto di quella ottenuta con il valore iniziale di corrente;
2. tale aumento, o diminuzione, non è invece ottenibile con un aumento della resistenza.
Questo effetto è diventato sempre più importante nel mondo moderno con l’espansione dell’energia elettrica ed è alla base di numerosi elettrodomestici e dispositivi con cui siamo a contatto nella vita di tutti i giorni: basti pensare ad un qualsiasi asciugacapelli o, riferendoci proprio all’acqua, ad un qualsiasi bollitore elettrico.
Il concetto di resistenza in corrente continua e corrente alternata
La corrente può presentarsi in due forme principali: alternata e continua. Quali sono le principali differenze?
- la corrente alternata è caratterizzata da un andamento sinusoidale e presenta vantaggi sia di accumulazione che di produzione, consentendo il trasporto su lunghe distanze con benefici dal punto di vista economico.
- la corrente continua è caratterizzata, invece, da un andamento costante dovuto al flusso delle cariche elettriche all’interno del conduttore. Può essere trasportata per lunghissime distanze tramite cavi ed è l’energia erogata dalle batterie. Il problema principale, però, è l’accumulazione. L’energia elettrica alternata è la tipologia diffusa al giorno d’oggi in tutto il mondo grazie alla sua convenienza economica e pratica: in Europa si utilizzata la corrente alternata trifase con frequenza di 50 Hz. Anche le resistenze elettriche per l’acqua sono attraversate da questo tipo di corrente che è ostacolato non solo dalla resistenza ma anche dalla reattanza X, che è un contributo derivante dall’induttanza I e dalla capacità elettrica C. In particolare, la formula dell’impedenza Z è:
Z=R+jX
dove R è la resistenza, X è la reattanza e j indica la parte immaginaria dell’impedenza.
Quindi, anche i calcoli connessi per derivare l’intensità di corrente e la caduta di potenziale risultano maggiormente complicati entrando nel mondo dei numeri complessi. La conoscenza approfondita di queste grandezze fisiche rappresenta un requisito fondamentale per la realizzazione di prodotti qualitativamente idonei.
08/04/2022
I contenuti di questo sito non hanno carattere di periodicità e non rappresentano 'prodotto editoriale'.