Scaldare l’acqua di un impianto è una necessità primaria specialmente in campo civile ed il modo in assoluto più pratico oggi è quello di utilizzare una resistenza elettrica tubolare che immersa nel liquido lo possa portare ad una temperatura adeguata. Dalle righe scritte sopra sembra tutto facile, ma in realtà realizzare una resistenza elettrica richiede una serie di accorgimenti che solo l’esperienza può dettare.
Prima di tutto si parte da un tubo costruito con rame di elevatissima purezza, questo permette al tubo stesso di resistere alla corrosione che può nascere dal riscaldamento di acqua in cui sono disciolti sali minerali che creano ed accentuano il fenomeno elettrolitico che ne sta alla base.
Ma nel tubo deve essere alloggiata la resistenza elettrica vera e propria, un filamento che attraversato da una corrente alternata genera il calore che viene trasmesso all’acqua. Questo filamento viene tenuto separato dal tubo e quindi dal contatto con l’acqua da un riempitivo di polvere compatta che lo isola dal contatto con il rame.
La produzione standard prevede per ogni
resistenza elettrica la capacità di funzionare ad una tensione di 220 volt ma per quei mercati che hanno tensioni di rete differenti è possibile personalizzare questo dispositivo. Questa però non è la sola personalizzazione possibile, è possibile scegliere l’attacco della flangia che la collega al bollitore oppure decidere di avere un anodo sacrificale in zinco che salvaguarda la resistenza in presenza di acque particolarmente dure.
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